Usare i modelli di Qualità della vita e dei bisogni di sostegno per la progettazione di servizi alle disabilità
Mauro Leoni
Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro (Cr), Università di Parma
Mauro Loda, Guido Delfrate, Patrizia Marcarini e Marco Lombardi
Cooperativa sociale "La Nuvola" Onlus, Orzinuovi (Bs)
Riassunto
Il lavoro presenta un progetto per un gruppo di servizi per disabili adulti, residenziali e diurni, centrato sull'uso dei modelli della Qualità della vita, sulle Linee guida AIRIM e sull'uso di strumenti centrati sul
modello dei sostegni e sullo sviluppo del comportamento positivo. Il fine era quello di orientare le linee gestionali e strategiche, fino ad arrivare a una ridefinizione degli interventi nei singoli servizi e le modalità
di gestione dei singoli utenti. I risultati illustrano come è possibile sviluppare training su modelli e strumenti allo stato dell'arte nella ricerca internazionale, lavorando al contempo sulla motivazione e su credenze e valori degli operatori per orientare verso un operato di qualità per le persone disabili.
Abstract
The present paper presents a project dedicated to a group of residential and daily facilities for adults with IDD, through the use of Quality of Life models, AIRIM Guidelines, positive behavior curriculum strategies, and supports paradigms. General aim was to guide clinical and management choices, in order to prompt a modification of clinical practices in all facilities and of all individual plans.
Results show how we can use training based on up-to-date evidence-based models and instruments, working at the same time on motivational factors, cognitive believes, and therefore to guide positive management of persons with IDD.
Introduzione e metodo
Il lavoro svolto presso questa cooperativa di servizi si è sviluppato tra il 2009 e il 2010. l'input iniziale, condiviso con la direzione, prevedeva l'implementazione dei modelli di qualità della vita all'interno dei servizi, residenziali e diurni, che l'ente offre a persone con disabilità intellettiva adulte.
L'obiettivo generale prevedeva infatti di portare un riferimento unico centrato sulla qualità per tutti i servizi alla disabilità, che rispondesse ai principali bisogni defi niti dalla direzione della cooperativa:
• bisogno di linguaggi confrontabili, tra i servizi e con la comunità sociale oltre che quella scientifi ca nazionale e internazionale;
• bisogno di coerenza tra le gestioni dei diversi servizi;
• bisogno di miglioramento nella comprensione e nella gestione dei risultati prodotti sia a livello globale per ogni servizio, sia a livello di ogni singolo utente;
• bisogno di elementi operazionali per la gestione annuale e quotidiana del lavoro degli operatori.
Considerando il fatto che questi servizi sono presenti sul territorio da diversi anni e pertanto presentano una propria storia di attività e un forte radicamento sul territorio, la decisione iniziale è stata quella di sviluppare il percorso attraverso una prospettiva bottom-up, ossia attraverso un'analisi condivisa con tutti gli operatori, piuttosto che tramite modalità frontali tipiche (per poi lasciare ai coordinatori delle strutture il compito di inserire le nuove metodiche nelle procedure già presenti.
Pertanto le macro-fasi del progetto sono così riassumibili:
1. analisi delle realtà attuali (servizi) attraverso i domini e le declinazioni della Qualità della vita;
2. analisi degli interventi educativi per ogni utente, divisi per servizio, in riferimento al modello dei sostegni AAIDD;
3. defi nizione degli obiettivi principali, secondo gli operatori, considerati sempre all'interno dei modelli;
4. training sugli strumenti per l'analisi della Qualità della vita;
5. training sull'applicazione delle Linee guida AIRIM.
Struttura e risultati
1. Analisi delle realtà attuali (servizi) attraverso i domini e le declinazioni della Qualità della vita
Questa prima fase ha coinvolto tutti gli operatori in primis su una panoramica sui modelli della Qualità della vita. Il modello paradigmatico di fondo è quello sulla Qualità di Vita, come rappresentato nell'elaborazione di Schalock e colleghi (Schalock, 2000; Schalock et al., 2002, Schalock, Gardner, & Bradley, 2007), che individua 8 domini fondamentali:
1. Benessere emozionale;
2. Relazioni interpersonali;
3. Benessere materiale;
4. Sviluppo personale;
5. Benessere fi sico;
6. Autodeterminazione;
7. Inclusione sociale;
8. Diritti.
Un modello di riferimento per il framework complessivo sul funzionamento della persona con disabilità intellettive viene fornito dalla American Association on Intellectual and Developmental Disabilities (AAIDD), che descrive un quadro di analisi basato su un modello multiassiale a 5 dimensioni (AAIDD; Luckasson et al, 2002, ed. it. 2005):
I focus group e le analisi condivise con gli operatori hanno consentito di tracciare un primo profilo generale dei servizi. Dal punto di vista degli operatori, ciò che è emerso può essere riassunto come segue:
a) Per che cosa si caratterizzano i servizi in cui si lavora?
• Quotidianità;
• Bisogni;
• Dimensione della CASA;
b) Come si articola il lavoro svolto?
• Stesura di un progetto individualizzato;
• Educazione;
• Assistenza globale della persona;
• Attenzione alla socializzazione/relazione;
• Lavoro sull'autonomia.
In particolare poi è stato affrontato il tema delle scelte educative complessive, in altre parole sono state esplorate le dinamiche influenzano maggiormente le scelte sui progetti di vita delle persone e sulle attività che scandiscono le loro giornate. In ordine gerarchico, ciò che ha caratterizzato le scelte lavorative è:
1. La storia del servizio,
2. La tipologia dell'utenza,
3. Le caratteristiche personali degli operatori,
4. Le norme,
5. La scelta da parte della direzione,
6. Le richieste che pervengono.
Sintetizzando si possono individuare due grandi vettori motivazionali che hanno guidato il personale: gravità dell'utenza; stili educativi ed esperienza del personale.
A seguito di questo primo dato, ciò che ha colpito gli operatori, riguardava proprio il fatto che lo stato attuale degli assetti organizzativi, fino ad arrivare alla gestione delle attività di gruppo e individuali, fosse determinato da elementi relativamente remoti nel tempo e in ogni caso distanti dai vissuti (pensieri-convinzioni, emozioni) quotidiani.
Pertanto è stato deciso di approfondire la struttura del modello della Qualità di vita, analizzando indicatori e dimensioni di valutazione (vedi tabella 1).
Date le varie incertezze del gruppo nel defi nire una propria visione del servizio in cui lavorano in base ai domini di Qualità della vita, gli operatori hanno provato a dare una propria interpretazione delle "etichette" dei domini QdV:
Declinazione del BENESSERE (i sostantivi sogno quelli ritenuti maggiormente descrittivi del concetto di benessere, poi specifi cato in termini di relazioni, bisogni ed emozioni):
Declinazione della QUALITÀ DELLA VITA (dove ogni asterisco indica le voci che la maggior parte degli operatori ritengono rappresentare il costrutto di QdV)
Alla luce di queste informazioni è stata quindi sviluppata una rifl essione sui domini di QdV,cercando di ordinarli in modo gerarchico, utilizzando il lavoro di R.L. Schalock riportato sotto.
E successivamente si è provato a sovrapporre la visione degli operatori con il modello gerarchico di Schalock (vedi fi gura 3).
Il passo successivo ha previsto la defi nizione e il confronto tra la gerarchia reale (ossia quello che di fatto sta accadendo) dei domini della QdV che rappresenti il servizio in cui si lavora, con
la classifi ca ideale (cioè cosa gli operatori ritengono opportuno e desiderano per le persone con disabilità), motivandone le scelte. Nelle tabelle sotto vengono riportati gli elementi principali.
Emerge chiaramente una discordanza tra il livello cognitivo, rappresentato dalle dimensioni "ciò che pensiamo, riteniamo giusto, ci piace", rispetto a ciò che accade nella realtà. Acquisire consapevolezza su questi aspetti si è rivelato estremamente utile per sviluppare e sostenere la motivazione stessa al progetto, al training e alla successiva implementazione.
2. Analisi degli interventi educativi per ogni utente, divisi per servizio, in riferimento al modello dei sostegni AAIDD
Il secondo step operativo ha portato dunque ad analizzare in modo più approfondito le attività proposte e svolte per ciascuno degli utenti dei servizi. A tal proposito gli interventi
codifi cati per ogni soggetto attraverso il PEI e la modulistica esistente, sono stati codificati utilizzando le aree e le attività di sostegno in linea con i domini QdV, come riportate nel
Quaderno di Lavoro del manuale "Ritardo mentale: Defi nizione, Classifi cazione e Sistemi di Sostegno (10° edizione) (AAIDD, 2002, 2005; p.17). Per ogni utente è stata codificata l'area con i principali interventi, quindi sono state calcolate somme e proporzioni riferite ai servizi.
I risultati vengono presentati di seguito (fi gura 4).
Già da questa prima distribuzione emerge chiaramente quali sono le aree che in genere ricevono i maggiori investimenti e sforzi, per esempio la salute e quella del comportamento. Mentre altre come nel caso della Vita nella comunità o Occupazione, non sono rappresentate, oppure come nel caso di Insegnamento/Educazione e Protezione/Tutela sono signifi cativamente inferiori
alle altre. Osservare le proporzioni globali per tutti i servizi sommati, rende un quadro emblematico di come la Cooperativa sta svolgendo il proprio mandato di ente gestore (vedi fi gura 5).
Notiamo infatti che Salute (23%) e Comportamento (33%) sono le aree prevalenti, a cui seguono Sviluppo personale (20%) e Vita nell'ambiente domestico (12%), mentre le restanti aree sono scarsamente oggetto di interventi (Sociali 9%, Insegnamento/Educazione 2%, Vita nella comunità 0%, Occupazione 0%).
3. Defi nizione degli obiettivi principali, secondo gli operatori, considerati sempre all'interno dei modelli
Sulla scorta dei dati raccolti e sviluppati con il gruppo allargato degli operatori, i coordinatori dei servizi e i responsabili si sono focalizzati sulla mission della Cooperativa, con l'obiettivo di individuare le traiettorie strategiche per la riorganizzazione dei servizi. Partendo dai dati disponibili riferiti alla SWOT-analysis elaborata dai responsabili di servizio (marzo 2009) e dal CDA della Cooperativa, sono state prodotte alcune rifl essioni mirate a sintetizzare i punti essenziali che possono descrivere lo stato attuale dei servizi riferiti all'area disabilità, al fi ne di individuare in modo maggiormente operazionale i percorsi e le strategie che verosimilmente possono condurre i servizi della cooperativa a esiti inlineacon le esigenze più complessive, sia a livello gestionale che prospettico. Dalla riflessione condivisa dai coordinatori dei servizi e dal referente di area sulle categorie della SWOT analysis (punti di forza, punti di debolezza, opportunità e moinacce), sembra emergere una realtà robusta e ben defi nita in termini della propria identità, tanto da iniziare un percorso che esamina e mette in discussione critica obiettivi, ruoli, strategie, metodologie e, in termini più complessivi la filosofia del gruppo di individui che amina questa importante realtà sociale ed aziendale. Emerge poi una solidità aziendale che evidentemente è la necessaria premessa per sostenere un'analisi critica circa le prospettive a medio e a lungo termine.
Per quanto riguarda le criticità presenti, ossia i rischi attuali, i problemi e le minacce future, quello che sembra essere un elemento preponderante è la presenza di alcuni fattori:
Questi punti non si differenziano in senso proprio, al punto che se li osserviamo nelleloro componenti primarie condividono degli elementi che possono aiutarci a meglio comprendere
le nostre aspettative:
Ossia quando esploriamo problematiche come la chiusura e l'autoreferenzialità, comprendiamo bene come questi esiti siano legati alle capacità comunicative e alle scelte su come gestire le relazioni, pertanto il tema del linguaggio condiviso e delle strategie attuate per agire la comunicazione diventa primario. In altri termini se è vero che i punti critici sopra sintetizzati sono quelli che maggiormente caratterizzano "il problema" della cooperativa, che possiamo enunciare nella forma "la cooperativa ad oggi NON è considerata il principale punto di riferimento quando si pensa alle disabilità", è evidente che per muoversi da questi blocchi è indispensabile uno sforzo comunicativo che parta proprio dagli esiti. Ossia che riesca nel primario obiettivo di condividere punti di vista e linguaggi con i diversi attori del territorio (civico e istituzionale) su ciò che si intende proprio come ESITO, ossia su quello che è il fine ultimo dei servizi alla disabilità, pertanto ciò che deve richiedere il committente e ciò su cui l'ente erogante deve costantemente essere interrogato.
Definite in questo modo le aspettative per aree o METE (il nostro "perché"), possiamo iniziare a declinare degli OBIETTIVI che possano essere ricondotti a tali mete, sia in forma sintetica, sia quando gli obiettivi verranno esplicitati in modo specifi co (con relative azioni,
strumenti, tempi, referenti, criteri di esito). La tabella 2 descrive nel dettaglio lo sviluppo delle mete in un prospetto organizzativo.
4. Training sugli strumenti per l'analisi della Qualità della vita
5. Training sull'applicazione delle Linee guida AIRIM
Gli step 4 e 5, dedicate al training prima in gruppo e poi divise per servizio, sono proseguite nel corso del 2010 e sono al momento ancora in corso. L'obiettivo su cui si concentrano
gli sforzi è pertanto quello di implementare in ogni servizio, nel pieno rispetto delle differenze e delle peculiarità di ogni realtà (utenza, operatori, famiglie, territorio), il modello delle "LINEE GUIDA per la defi nizione degli Standard di Qualità nei servizi per le disabilità in Italia - Assessment, interventi, outcomes" pubblicate da AIRIM – Associazione Intellettiva per lo Studio delle Disabilità Intellettive ed Evolutive – nel 2010.
Conclusioni
I modelli di Qualità della vita sono diventati, nell'ultimo decennio, non solo cornice di riferimento teorico e strumento di sensibilizzazione per operatori dei servizi alla disabilità e per gli attori sociali (dalle famiglie alle realtà istituzionali socio-sanitarie), ma un vero e proprio paradigma per orientare i processi gestionali e di intervento tenendo come riferimento gli esiti (outcomes) (Schalock, Gardner, e Bradley, 2007). Pertanto, sembra che per avere migliori risultati nello sviluppo di outcome positivi nell'intervento per persone con disabilità intellettive, abbiamo bisogno di una prospettiva basata sulla QdV, che parta dall'assessment e che studi come allineare le procedure diagnostiche a processi/interventi e alle misure degli esiti (Schalock, Bonham, e Marchand, 2000). Particolarmente utile a tal proposito, risulta i riferimento delle recenti "LINEE GUIDA per la defi nizione degli Standard di Qualità per la costruzione del Progetto di vita per le persone con disabilità intellettiva. Assessment, interventi, outcomes", promosse e pubblicate da AIRIM – Associazione Intellettiva per lo Studio delle Disabilità Intellettive ed Evolutive (2010), che illustrano molto chiaramente come orientare gli sforzi di ricerca e clinica, al fi ne di allineare i dati di assessment a quelli degli interventi (o processi), considerando sempre il fi ne di ottenere esiti e la loro misurazione. Con lo sviluppo di strumenti operativi quali la Supports Intensity Scale (SIS; Thompson et al., 2004; Cottini et al., 2008a, 2008b; Leoni e Croce, 2007; Leoni e Croce, 2008a, 2008b) e l'uso delle linee guida, è possibile lavorare all'interno dei servizi in modo dinamico, utilizzando metodologie di confron to e interazione con gli operatori fi nalizzate a produrre in modo collaborativo le linee di intervento e sviluppo. Questo sembra essere in linea con uno dei bisogni più forti nel mondo delle disabilità (considerando i servizi professionali), ossia quello di mantenere alta la motivazione e orientare credenze e valori verso un operato di qualità per le persone che ne sono destinatari. Esperienze come quella riportata dimostrano che ogni problematica concreta di natura economica e ogni diffi coltà clinica, possono trovare una risposta nell'uso di una metodologia comprovata, con bene fi ci sia a livello del benessere dell'utenza (livelli individuale, clinico e funzionale; Fioriti at al., 2007, 2009; Leoni et al., 2008), che di quello degli operatori e del contesto sociale.
Inoltre l'uso di queste metodologie invita i servizi a perdere i vecchi timori e ad aprirsi verso i propri interlocutori, condividendo dati, esiti e rifl essioni. L'auspicio è che esperienze come questa possano essere diffuse su tutto il territorio nazionale.
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